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Il Nuovo Puritanesimo Sessuale della Gen Z: verginità, Body Count e moralismo digitale

  • Dott.ssa SerenaTomassetti
  • 21 mag
  • Tempo di lettura: 6 min

In un’epoca in cui il sesso è ovunque (nei media, nella musica, nei social), potrebbe sorprendere scoprire che molti adolescenti e giovani adulti della Generazione Z stanno riscoprendo valori che sembrano provenire da epoche moraliste del passato: verginità, purezza, serietà, decoro. Ma il ritorno di questi concetti non è una semplice nostalgia dei tempi andati e nasconde dei rischi. Si tratta di una nuova forma di puritanesimo sessuale, che conduce spesso alla stigmatizzazione dell’attività sessuale precoce, soprattutto quando riguarda le ragazze. E' un fenomeno che si nutre di moralismo, ansia sociale e un profondo bisogno di controllo identitario, spesso travestito da etica relazionale. Ma cosa sta succedendo davvero?


Il “Body Count” e la doppia morale sessuale


Il termine “body count”, diventato virale sui social, è solo una delle manifestazioni di questa morale repressiva mascherata da sistema valoriale. Il concetto di body count indica il numero di partner sessuali di una persona. Secondo lo studio di Armstrong, Hamilton e England (2010), esiste un persistente doppio standard nella percezione della sessualità maschile e femminile: i comportamenti sessuali maschili sono associati a potere e status, mentre quelli femminili spesso vengono letti come segno di perdita di valore.


Sebbene questo fenomeno sia rintracciabile anche in epoche passate, attualmente sta assumendo traiettorie inedite, legate anche alla diffusione dei social media come TikTok, YouTube e Instagram, dove il Body Count viene usato per classificare e giudicare: ragazze con più esperienze, e quindi con un “alto” body count, vengono etichettate come “rovinate” o “inadatte a relazioni serie”, mentre ai ragazzi viene attribuito un valore maggiore in base alla loro “esperienza”. E' evidente come questa tendenza rifletta e inasprisca profonde dinamiche sessiste e giudicanti. Un dato inquietante: il 38% degli adolescenti americani dichiara di aver giudicato negativamente una coetanea per il suo numero di partner sessuali, secondo un report di Common Sense Media (2023).

Questa doppia morale, antica quanto la cultura patriarcale, si traduce al giorno d’oggi in forme digitali: video su TikTok in cui ragazzi dichiarano qual è il “numero massimo accettabile” per una partner, post su Instagram che celebrano l’“innocenza” delle ragazze caste, meme che associano purezza femminile a valore relazionale. La sessualità femminile viene dunque monitorata, classificata, controllata e giudicata pubblicamente attraverso i numeri.


L’ideale della purezza: serietà, verginità e valore personale


Questo “Neopuritanesimo digitale” non nasce da istituzioni religiose o familiari, ma dai codici culturali interni alla Generazione Z (di cui ho parlato qui: La deriva puritana della Generazione Z: sicurezza, controllo e la nuova etica del comportamento). All’interno di questa narrativa, si sta rivalutando, e quasi mitizzando, la figura della “ragazza seria”: quella che non si espone, che non ha avuto troppi partner (o nessuno), che si veste con modestia, che si dichiara “non interessata” al sesso. In molti ambienti online questo ideale viene presentato come l’unico modello di “ragazza di valore”. La “ragazza seria”, la “vergine per scelta”, la “pura” vengono esaltate come esempi di autocontrollo, di valore relazionale, perfino di superiorità morale.



In un’analisi su larga scala pubblicata sul Journal of Adolescent Research (2022), si evidenzia come la valorizzazione della verginità femminile sia tornata ad assumere connotati simbolici forti, spesso come risposta all’ansia relazionale e all’instabilità emotiva. La “ragazza pura” viene vista come più stabile, più affidabile, meno rischiosa.

Il punto non è la scelta individuale di vivere la sessualità in modo contenuto, ma il fatto che tale scelta venga imposta come moralmente superiore. La verginità femminile, in particolare, torna ad assumere un valore simbolico altissimo, quasi sacrale: rappresenta la “serietà”, la “rara bellezza”, l’affidabilità relazionale. Chi si discosta da questo modello idealizzato, chi sceglie di esplorare, desiderare, sperimentare viene visto come moralmente inferiore e rischia la condanna sociale e l'esclusione.


Maschilismo 2.0: il controllo della sessualità femminile travestito da discorso valoriale


Questo nuovo puritanesimo sessuale si basa su una forma aggiornata di maschilismo, meno esplicita ma proprio per questo più insidiosa. Non si esprime più attraverso divieti familiari o religiosi, ma attraverso l’algoritmo sociale: giudizi condivisi, commenti virali, punizioni reputazionali. Il maschilismo si è digitalizzato, travestito da preoccupazione per “la dignità”, “il rispetto” o “la selettività”. Tale visione distorta viene promossa da influencer, creator e microcelebrità maschili che diffondono idee tossiche sotto forma di consigli relazionali. Figure come Andrew Tate hanno alimentato narrazioni in cui il valore di una donna si misura soprattutto dal suo passato sessuale.

A tal proposito, dopo l’uscita della serie tv Adolescence, abbiamo tutti familiarizzato con il mondo incel, gli involuntary celibates, i maschi eterosessuali che non hanno rapporti con le donne non per scelta ma perché privati ingiustamente di questo diritto da parte dell’universo femminile, dipinto come discriminante e rifiutante. Un’altra sfaccettatura di una dimensione maschilista e misogina che crea e alimenta le proprie narrazioni, anche queste molto diffuse sui social network che i nostri adolescenti usano per ricavare un’idea del mondo.

Molti di questi contenuti rientrano in una logica che lo psicologo Philip Zimbardo ha descritto come “ritiro maschile”: un rifugio narcisistico in cui il controllo delle donne diventa una forma di autoaffermazione in un mondo percepito come incerto e competitivo.

Le ragazze si trovano così davanti a una scelta scomoda: o essere percepite come “pure e serie” (e quindi meritevoli di affetto e legami duraturi), o come “usate” e dunque indegne. È un sistema che non lascia spazio alla complessità, alla crescita, alla possibilità di sbagliare o di cambiare.


Impatto psicologico: ansia, repressione e sessualità condizionata


Questo clima morale genera tensione, insicurezza e altre conseguenze psicologiche significative, soprattutto per le ragazze. Alcune adolescenti interiorizzano la colpa, si sentono “rovinate” per aver vissuto la sessualità secondo desideri propri; altre si reprimono per evitare il giudizio sociale, vivono il corpo con vergogna, o provano ansia nel gestire i propri impulsi naturali o nello sperimentare con il proprio partner. La libertà sessuale, tanto faticosamente conquistata, non è stata davvero interiorizzata: resta fragile, facilmente barattabile per ottenere accettazione.


La sessualità non viene vissuta come spazio di scoperta e piacere, ma come esame sociale. Un dato importante riguarda il fatto che spesso questo processo di stigmatizzazione sociale proviene in gran parte dalle altre ragazze. In alcuni contesti sociali, infatti, si instaurano dinamiche di competizione in cui si ricerca l’approvazione sulla base di valori quali l’autocensura sessuale, il rigore nelle condotte, la negazione dei desideri.

Anche i ragazzi, tuttavia, subiscono pressioni. Devono dimostrare virilità, avere esperienze sessuali precoci, evitare di mostrarsi vulnerabili. Secondo una ricerca condotta da The Kinsey Institute (2021), i maschi Gen Z riferiscono livelli più alti di ansia relazionale rispetto ai Millennials, e una riduzione dell’iniziativa sessuale per paura di sbagliare o di essere accusati di mancanza di consenso. È un altro volto della stessa medaglia: anche i maschi vengono imprigionati in ruoli rigidi, con scarsa possibilità di autenticità o vulnerabilità.


Conclusioni


Il ritorno del puritanesimo sessuale tra i giovani non è segno di “regressione culturale”, ma un sintomo di un bisogno profondo: ordine, sicurezza, senso. In un mondo incerto, iperconnesso e pieno di stimoli, la sessualità risulta una dimensione pericolosamente ambigua, e in quanto tale può fare paura. Ma rispondere alla paura con il controllo e la colpevolizzazione non è mai una soluzione sana. La risposta a questo nuovo puritanesimo non è il libertinismo né la banalizzazione del sesso, ma una nuova educazione sessuale, radicalmente diversa: relazionale, emotiva, fluida, critica, non moralizzante.

Un’educazione che insegni ai giovani a riflettere, non solo a rispettare regole. Che sappia parlare di desiderio senza paura, di vulnerabilità senza vergogna, di piacere senza colpa. Un’educazione sessuale che tenga conto della complessità delle emozioni e delle relazioni umane, che non punti a semplificare e codificare ma alla comprensione profonda e al rispetto della variabilità. Un’educazione che permetta a ciascuno di esplorare il proprio corpo, i propri desideri e i propri limiti con libertà, responsabilità e consapevolezza, senza essere giudicato o etichettato. Solo così la Generazione Z potrà imparare a districarsi dalla trappola del moralismo digitale e costruire relazioni davvero libere, autentiche e consapevoli.


Dott.ssa Serena Tomassetti


Riferimenti:

  • Armstrong, E. A., Hamilton, L., & England, P. (2010). “Is hooking up bad for young women?” Contexts, 9(3), 22-27.

  • Common Sense Media (2023). Teens and Online Judgement: The New Sexual Double Standard.

  • Journal of Adolescent Research (2022). “Moral Expectations and Gendered Judgments in Teen Relationships”.

  • Zimbardo, P., & Coulombe, N. (2015). Man (Dis)connected: How technology has sabotaged what it means to be male.

  • The Kinsey Institute (2021). Sexual Attitudes and Anxiety in Gen Z: A National Survey.











 
 
 

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